I bambini abbandonati nell' 800

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Introduzione

La questione dell’infanzia abbandonata affonda le sue radici in epoca remota.
Il problema degli esposti era già presente in Grecia: ad Atene, ad esempio, esisteva un tempio che provvedeva alla cura dei figli illegittimi e abbandonati.

Nell’Antica Roma il problema si intensificava: qui il pater familias già aveva il diritto di vita o di morte sui propri figli, altri bambini,
se non uccisi per deformazioni, venivano venduti o abbandonati e chi li trovava ne diventava proprietario,
nonostante mantenessero la propria libertà giuridica.

E’ soprattutto con la nascita dell’Impero romano che si iniziò a porre più attenzione e a provvedere a favore degli esposti:
furono infatti costruiti degli stabilimenti benefici per l’assistenza all’infanzia abbandonata.

Ma è con la nascita del Cristianesimo che si cominciò a combattere la pratica dell’esposizione:
la Chiesa se ne occupò direttamente e istituì dei brefotrofi, destinati al ricovero dei fanciulli abbandonati.

Tra i più antichi brefotrofi presenti in Italia c’è anche quello di Verona: la “Santa Casa di Pietà”,
depositati in una apposita cesta i bambini venivano accolti nella Santa Casa e nessuno aveva più diritto sul bambino esposto,
a meno che i genitori non lo riconoscessero e ne chiedessero la restituzione.

Tuttavia oltre che al problema degli esposti in sé vi era quello riguardante la filiazione,
ossia il rapporto tra figlio e genitori, che risentiva della tensione tra il valore riconosciuto ai legami di sangue (quelli che noi chiamiamo genetici) e la giurisdizione della filiazione.

Dopo l’estensione del regolamento del 1836 dell’Istituto degli Esposti di Venezia, la Santa Casa di Pietà poi divenuta Casa degli Esposti, fu nominata Istituto Centrale degli Esposti di Verona.

Regolamento disciplinare economico provvisorio dell'ospizio degli Esposti di Maternità della provincia di Verona 1875

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